Ti regalerò una rosa - Simone Cristicchi
Ti regalerò una rosa,
una rosa rossa per dipingere ogni cosa,
una rosa per ogni tua lacrima da consolare,
e una rosa per poterti amare.
Ti regalerò una rosa,
una rosa bianca come fossi la mia sposa,
una rosa bianca che ti serva per dimenticare
ogni piccolo dolore.
Mi chiamo Antonio e sono matto,
sono nato nel '54 e vivo qui da quando ero bambino.
Credevo di parlare col demonio,
così mi hanno chiuso quarant'anni dentro a un manicomio.
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare,
perdona la calligrafia da prima elementare,
e mi stupisco se provo ancora un'emozione,
ma la colpa è della mano che non smette di tremare.
Io sono come un pianoforte con un tasto rotto,
l'accordo dissonante di un'orchestra di ubriachi,
e giorno e notte si assomigliano
nella poca luce che trafigge i vetri opachi.
Me la faccio ancora sotto perché ho paura,
per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura,
puzza di piscio e segatura,
questa è malattia mentale e non esiste cura.
Ti regalerò una rosa,
una rosa rossa per dipingere ogni cosa,
una rosa per ogni tua lacrima da consolare,
e una rosa per poterti amare.
Ti regalerò una rosa,
una rosa bianca come fossi la mia sposa,
una rosa bianca che ti serva per dimenticare
ogni piccolo dolore.
I matti sono punti di domanda senza frase,
migliaia di astronavi che non tornano alla base.
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole,
i matti sono apostoli di un Dio che non li vuole.
Mi fabbrico la neve col polistirolo,
la mia patologia è che son rimasto solo,
ora prendete un telescopio e misurate le distanze,
e guardate tra me e voi... chi è più pericoloso?
Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto,
ritagliando un angolo che fosse solo il nostro,
ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
non come le cartelle cliniche stipate negli archivi.
Dei miei ricordi sarai l'ultimo a sfumare,
eri come un angelo legato ad un termosifone,
nonostante tutto io ti aspetto ancora,
e se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora.
Ti regalerò una rosa,
una rosa rossa per dipingere ogni cosa,
una rosa per ogni tua lacrima da consolare,
e una rosa per poterti amare.
Ti regalerò una rosa,
una rosa bianca come fossi la mia sposa,
una rosa bianca che ti serva per dimenticare
ogni piccolo dolore.
Mi chiamo Antonio e sto sul tetto,
cara Margherita sono vent'anni che ti aspetto.
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce,
quando pure il tuo migliore amico ti tradisce.
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare,
perdona la calligrafia da prima elementare,
e ti stupisci che io provi ancora un'emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare.
Ti regalerò una rosa,
una rosa rossa per dipingere ogni cosa,
una rosa per ogni tua lacrima da consolare,
e una rosa per poterti amare.
Ti regalerò una rosa,
una rosa bianca come fossi la mia sposa,
una rosa bianca che ti serva per dimenticare
ogni piccolo dolore.
Mi chiamo Antonio e sono matto,
sono nato nel '54 e vivo qui da quando ero bambino.
Credevo di parlare col demonio,
così mi hanno chiuso quarant'anni dentro a un manicomio.
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare,
perdona la calligrafia da prima elementare,
e mi stupisco se provo ancora un'emozione,
ma la colpa è della mano che non smette di tremare.
Io sono come un pianoforte con un tasto rotto,
l'accordo dissonante di un'orchestra di ubriachi,
e giorno e notte si assomigliano
nella poca luce che trafigge i vetri opachi.
Me la faccio ancora sotto perché ho paura,
per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura,
puzza di piscio e segatura,
questa è malattia mentale e non esiste cura.
Ti regalerò una rosa,
una rosa rossa per dipingere ogni cosa,
una rosa per ogni tua lacrima da consolare,
e una rosa per poterti amare.
Ti regalerò una rosa,
una rosa bianca come fossi la mia sposa,
una rosa bianca che ti serva per dimenticare
ogni piccolo dolore.
I matti sono punti di domanda senza frase,
migliaia di astronavi che non tornano alla base.
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole,
i matti sono apostoli di un Dio che non li vuole.
Mi fabbrico la neve col polistirolo,
la mia patologia è che son rimasto solo,
ora prendete un telescopio e misurate le distanze,
e guardate tra me e voi... chi è più pericoloso?
Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto,
ritagliando un angolo che fosse solo il nostro,
ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
non come le cartelle cliniche stipate negli archivi.
Dei miei ricordi sarai l'ultimo a sfumare,
eri come un angelo legato ad un termosifone,
nonostante tutto io ti aspetto ancora,
e se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora.
Ti regalerò una rosa,
una rosa rossa per dipingere ogni cosa,
una rosa per ogni tua lacrima da consolare,
e una rosa per poterti amare.
Ti regalerò una rosa,
una rosa bianca come fossi la mia sposa,
una rosa bianca che ti serva per dimenticare
ogni piccolo dolore.
Mi chiamo Antonio e sto sul tetto,
cara Margherita sono vent'anni che ti aspetto.
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce,
quando pure il tuo migliore amico ti tradisce.
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare,
perdona la calligrafia da prima elementare,
e ti stupisci che io provi ancora un'emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare.
Te regalaré una rosa - Simone Cristicchi
Te regalaré una rosa,
una rosa roja para pintar cualquier cosa,
una rosa para cada una de tus lágrimas por consolar,
y una rosa para poderte amar.
Te regalaré una rosa,
una rosa blanca como si fueras mi esposa,
una rosa blanca que te sirva para olvidar
cada pequeño dolor.
Me llamo Antonio y estoy loco,
nací en el '54 y vivo aquí desde que era niño.
Creía que hablaba con el demonio,
así me encerraron cuarenta años dentro de un manicomio.
Te escribo esta carta porque no sé hablar,
perdona por la caligrafía de primer curso de primaria,
y me sorprendo si todavía siento una emoción,
pero la culpa es de la mano que no para de temblar.
Yo soy como un piano con una tecla rota,
el acorde desentonado de una orquesta de ebrios,
y el día y la noche se parecen
en la poca luz que traspasa los cristales opacos.
Todavía me lo hago encima porque tengo miedo,
para la sociedad de los sanos siempre hemos sido basura,
peste de orines y desperdicios,
ésta es enfermedad mental y no existe cura.
Te regalaré una rosa,
una rosa roja para pintar cualquier cosa,
una rosa para cada una de tus lágrimas por consolar,
y una rosa para poderte amar.
Te regalaré una rosa,
una rosa blanca como si fueras mi esposa,
una rosa blanca que te sirva para olvidar
cada pequeño dolor.
Los locos son puntos de interrogación sin frase,
millones de naves espaciales que no regresan a la base.
Son muñecos tendidos a secarse al sol,
los locos son los apóstoles de un Dios que no los quiere.
Me fabrico nieve con el poliuretano,
mi patología es que me he quedado solo,
ahora coged un telescopio y medid las distancias,
y mirad entre yo y vosotros... ¿quién es más peligroso?
Dentro de los pabellones nos amábamos a escondidas,
recortando un rincón que fuera sólo el nuestro,
recuerdo los pocos instantes en los que nos sentíamos vivos
no como en los historiales clínicos amontonados en los archivos.
De mis recuerdos serás el último en esfumarse,
eras como un ángel atado a un radiador,
a pesar de todo yo te espero todavía,
y si cierro los ojos siento tu mano que me roza [acaricia].
Te regalaré una rosa,
una rosa roja para pintar cualquier cosa,
una rosa para cada una de tus lágrimas por consolar,
y una rosa para poderte amar.
Te regalaré una rosa,
una rosa blanca como si fueras mi esposa,
una rosa blanca que te sirva para olvidar
cada pequeño dolor.
Me llamo Antonio y estoy sobre el techo,
querida Margarita, son veinte años que te espero.
Los locos somos nosotros cuando nadie nos entiende,
cuando también tu mejor amigo te traiciona.
Te dejo esta carta, ahora me tengo que ir,
perdona por la caligrafía de primer curso de primaria,
¿y te sorprende que yo sienta todavía una emoción?
Sorpréndete de nuevo porque Antonio sabe volar.
Te regalaré una rosa,
una rosa roja para pintar cualquier cosa,
una rosa para cada una de tus lágrimas por consolar,
y una rosa para poderte amar.
Te regalaré una rosa,
una rosa blanca como si fueras mi esposa,
una rosa blanca que te sirva para olvidar
cada pequeño dolor.
Me llamo Antonio y estoy loco,
nací en el '54 y vivo aquí desde que era niño.
Creía que hablaba con el demonio,
así me encerraron cuarenta años dentro de un manicomio.
Te escribo esta carta porque no sé hablar,
perdona por la caligrafía de primer curso de primaria,
y me sorprendo si todavía siento una emoción,
pero la culpa es de la mano que no para de temblar.
Yo soy como un piano con una tecla rota,
el acorde desentonado de una orquesta de ebrios,
y el día y la noche se parecen
en la poca luz que traspasa los cristales opacos.
Todavía me lo hago encima porque tengo miedo,
para la sociedad de los sanos siempre hemos sido basura,
peste de orines y desperdicios,
ésta es enfermedad mental y no existe cura.
Te regalaré una rosa,
una rosa roja para pintar cualquier cosa,
una rosa para cada una de tus lágrimas por consolar,
y una rosa para poderte amar.
Te regalaré una rosa,
una rosa blanca como si fueras mi esposa,
una rosa blanca que te sirva para olvidar
cada pequeño dolor.
Los locos son puntos de interrogación sin frase,
millones de naves espaciales que no regresan a la base.
Son muñecos tendidos a secarse al sol,
los locos son los apóstoles de un Dios que no los quiere.
Me fabrico nieve con el poliuretano,
mi patología es que me he quedado solo,
ahora coged un telescopio y medid las distancias,
y mirad entre yo y vosotros... ¿quién es más peligroso?
Dentro de los pabellones nos amábamos a escondidas,
recortando un rincón que fuera sólo el nuestro,
recuerdo los pocos instantes en los que nos sentíamos vivos
no como en los historiales clínicos amontonados en los archivos.
De mis recuerdos serás el último en esfumarse,
eras como un ángel atado a un radiador,
a pesar de todo yo te espero todavía,
y si cierro los ojos siento tu mano que me roza [acaricia].
Te regalaré una rosa,
una rosa roja para pintar cualquier cosa,
una rosa para cada una de tus lágrimas por consolar,
y una rosa para poderte amar.
Te regalaré una rosa,
una rosa blanca como si fueras mi esposa,
una rosa blanca que te sirva para olvidar
cada pequeño dolor.
Me llamo Antonio y estoy sobre el techo,
querida Margarita, son veinte años que te espero.
Los locos somos nosotros cuando nadie nos entiende,
cuando también tu mejor amigo te traiciona.
Te dejo esta carta, ahora me tengo que ir,
perdona por la caligrafía de primer curso de primaria,
¿y te sorprende que yo sienta todavía una emoción?
Sorpréndete de nuevo porque Antonio sabe volar.
0 comentarios:
Publicar un comentario